Marianna Morante – Intervista al Vescovo di Assisi – Mentre si avvicina il giorno della beatificazione di Giuseppe Toniolo (7 marzo 1845 – 7 ottobre 1918) prevista per il prossimo 29 aprile nella basilica papale di San Paolo fuori le Mura, a Pietrelcina si è tenuto un Convegno che ha portato a conoscenza la figura del prossimo beato, economista, sociologo, organizzatore del movimento cattolico del suo tempo oltre che docente universitario e padre di famiglia.
Organizzato dall’Azione Cattolica della Campania e dall’AC diocesana di Benevento, in collaborazione con il Comune di Pietrelcina, al tavolo dei conferenzieri hanno relazionato mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi e postulatore della causa di beatificazione, e il prof. Giuseppe Marotta, direttore del Dipartimento S.E.G.I.S. dell’Università del Sannio. Ha moderato il direttore dell’Istituto G. Toniolo, dott. M. D’Avino con la delegata regionale AC, prof. Concetta D’Amore. Sono intervenuti tra gli altri, il vicario generale dell’Arcidiocesi di Benevento don Pompilio Cristino, il vicesindaco di Pietrelcina dott. Graziano, il teologo don Franco Piazza, il vescovo di Aversa mons. A. Spinillo Presente anche l’on. M. Pepe, il rappresentante della CISL, il comandante dei Carabinieri di Pietrelcina. Una partecipazione nutrita per un Convegno di interesse pubblico.
“Ecco il momento favorevole. Giuseppe Toniolo: un’esperienza profetica per un’economia a misura d’uomo” è stato il tema che i relatori hanno sviscerato portando all’attenzione degli ascoltatori l’opera di Toniolo noto soprattutto per il ruolo che svolse quale leader dell’azione sociale dei cattolici italiani, ideatore e animatore della prima “democrazia cristiana” (movimento, non partito), “apostolo” della Rerum Novarum, solo per citare alcune delle attività che ha promosso con alto profilo e di carattere anticipatore. La vita di Toniolo è per tanti laici cristiani la dimostrazione che è possibile essere contemporaneamente persone fedeli al proprio tempo e al Vangelo.
Al termine dei lavori del Convegno tenutosi a Pietrelcina abbiamo rivolto alcune domande a Sua Eccellenza Mons. Domenico Sorrentino, Arcivescovo – Vescovo di Assisi:
– È la prima volta che viene nel paese di Padre Pio?
Conosco Pietrelcina sono stato qui qualche tempo fa e mi fa piacere vedere delle innovazioni. Ho visto che la Chiesa e il Convento sono stati ristrutturati, poi c’è questo nuovo impianto del Palaconvegni e tante iniziate sorte con la beatificazione e canonizzazione di Padre Pio. Posso constatare che la città intera, che questa comunità si sta dando da fare molto bene per essere all’altezza del grande concittadino Pio e soprattutto della sua testimonianza di fede.
– Lei è Arcivescovo della città francescana per eccellenza. San Francesco e San Pio sono accomunati dal medesimo carisma per la costruzione di un mondo più fraterno. È oggi un’utopia?
No, direi che non solo è possibile ma che oggi siamo in una fase storica in cui la crisi della società rende questa testimonianza di vita ancora più urgente. E credo che queste figure di santi, come San Francesco, nel suo tempo ma sempre attuale, e Padre Pio ancor più di recente, ci diano un grande incoraggiamento e una grande speranza.
– Parlando di Toniolo, prossimo beato, possiamo constatare come nella Chiesa ci sia una varietà di modelli che interpretano la santità. Non possiamo certamente accostare Toniolo a Padre Pio due modi di vita completamente diversi. La santità oggi è alla portata di tutti e per tutti?
La santità è per tutti. E un beato come Toniolo, padre di famiglia, con sette figli, professore di Università, insegnante di Economia e con una esperienza sociale molto attiva, ci dice che realmente la santità è alla portata di tutti. E vorrei sottolineare quello che lui ebbe a dire una volta: «Chi definitivamente recherà a salvamento la società presente, non sarà un diplomatico, un dotto, un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi». La santità è vocazione universale. E l’impegno spetta a tutti perché ognuno di noi può realizzare nel suo piccolo il disegno di Dio.
– Come si realizza la santità?
La santità è innanzitutto un dono. Guai se avessimo la presunzione di costruircela da noi. È Dio che ci viene incontro. Noi dobbiamo accoglierlo facendo in modo che la luce del suo Vangelo illumini le nostre realtà quotidiane, con tutta la nostra fragilità, aprendo sempre il cuore alla misericordia. Il nostro impegno deve essere indirizzato a un quotidiano miglioramento mettendoci in accordo con le esigenze profonde dei comandamenti di Dio. Tutto sommato la santità non è altro che un crescere nell’amore lasciando che l’amore di Dio penetri nel nostro cuore e si irradi poi nei nostri rapporti.
– Qual è la caratteristica della santità di Padre Pio che più secondo lei può attrarre?
Padre Pio era da un lato un grande mistico e viveva il suo rapporto con il Signore con profondità veramente incomparabile. Dall’altra era una persona molto umana, sapeva tradurre la sua esperienza spirituale in termini di grande attenzione alle persone. Io credo che possa essere di grande esempio proprio nell’aver mostrato che la profondità del rapporto con Dio diventa anche una via molto concreta che aiuta a metterci in comunione con il prossimo.
– Quindi dall’esperienza spirituale si passa necessariamente a quella umana?
Certo perché questa è la logica della santità. Questo accomuna Padre Pio e Toniolo e tutti i santi. Ognuno poi vive tutto questo con i tratti essenziali della propria personalità.
– Che un laico si occupi di economia e politica sociale è meno sorprendente di quanto, pur in minima parte, se ne possa occupare anche un religioso. Nella storia di Padre Pio possiamo rilevare le sue affermazioni sulla prima riforma agraria, la vicinanza e l’aiuto offerto all’allora sindaco di San Giovanni Rotondo Morcaldi, per sedare gli animi che avevano portato all’eccidio fra contrapposte fazioni politiche, per non parlare poi dell’opera eccezionale dell’Ospedale. Quali sono allora i campi dell’impegno di un laico e di un religioso in una società segnata da un presente di bisogni?
Dire preti e laici implica tante cose. Sul versante della testimonianza sociale è tutta la Chiesa che è implicata. Poi ciascuno ha la sua vocazione specifica. È chiaro che noi sacerdoti dobbiamo esercitare la nostra vocazione soprattutto sul versante formativo. Non abbiamo il compito di stare dentro il sindacato, dentro l’impresa, dentro la politica partitica. Dobbiamo educare al senso dell’impresa, della politica, dell’economica ma non abbiamo il compito di starci dentro in maniera attiva. Ecco sono diverse modalità espressive di un unico Vangelo che non è fatto soltanto per le celebrazioni e per le sacrestie ma è fatto per la società. È fatto dunque per la scuola, per l’impresa, per la famiglia, per l’arte, per la cultura. Di questo noi dobbiamo prendere coscienza tutti. Toniolo è questo. È un economista che si fa santo perché il Vangelo ha qualcosa da dire alla vita di ciascuno di noi. Che poi io ci sto da prete, tu ci stai da laica con delle diverse modalità, ma con uno stesso Spirito, con una stessa impostazione, con una stessa testimonianza.
– Ai tempi di Toniolo c’era il non expedit, cioè il divieto del Vaticano per i cattolici di impegnarsi nella politica attiva. Oggi invece l’impegno dei cattolici nella società civile sembra essere disgiunto dal proprio credo?
E qui il discorso diventa più complicato rispetto al tempo del Toniolo. Quello era il tempo delle grandi ideologie anticristiane. C’erano il positivismo, il nichilismo, il marxismo ma era il tempo delle ideologie, comunque c’era qualcuno che diceva “io credo in questo…” e lo portava avanti. Magari era sbagliato e ancor più sbagliato il modo di portarlo avanti. Però ci credeva. Adesso siamo in una fase storica dove il problema vero è quello dei principi. Non si tratta di avere un pensiero incoerente ma quanto la mancanza del pensiero. Mancanza totale di valori. Oggi siamo nella post ideologia, nella post modernità. Ma che facciamo di fronte a questo? Ecco questo è il tempo di Gesù, degli inizi del cristianesimo, è il tempo di Paolo che, intimamente legato alla vita quotidiana della Chiesa primitiva, pienamente cosciente della grandezza del suo compito, si ritrova a parlare a comunità che non conoscevano Gesù, tutte prese dalle loro dottrine filosofiche. Eppure restano attratti dalla novità di vita. I primi semi del Vangelo, pur fecondi, trovarono con difficoltà il terreno propizio alla germinazione. Nessuno avrebbe scommesso che le prime comunità per quanto fossero una goccia nell’oceano dopo tre secoli avrebbero trasformato l’impero. La storia della Chiesa continua, cade e si rialza, si rinnova, ma è sempre presenza vivificante. Allora i santi e beati come Padre Pio e Toniolo ci offrono una testimonianza ma anche un invito: ‘Coraggio che quello che abbiamo fatto noi nel nostro tempo (e tante cose sono cambiate grazie a loro) potete realizzarlo anche voi. Datevi da fare’.
In alto, alcune foto del Convegno tenuto a Pietrelcina sul prossimo beato.