Marianna Morante – La Pasqua pietrelcinese vive, liturgicamente, i suoi momenti più significativi nel ‘Triduo’ che inizia la sera del Giovedì santo. – La cena del Signore, la suggestiva lavanda dei piedi, la reposizione del Santissimo Sacramento i momenti più significativi.
E poi, naturalmente, la visita ai “Sepolcri” arricchita da vari momenti di adorazione comunitaria.
L’Adorazione Eucaristica preparata da fr. Francesco Scaramuzzi con i giovani francescani si è impreziosita quest’anno di un segno in più: l’offerta ai piedi dell’altare della reposizione di piantine di grano, simbolo della morte e resurrezione. È infatti morendo a noi stessi, come il chicco di grano, che anche noi porteremo molto frutto.
L’Eucaristia conservata in artistici tabernacoli allestiti e addobbati in un luogo a parte, all’interno della chiesa conventuale e in quella parrocchiale è stata consumata nell’Azione liturgica della Passione del Signore del Venerdì Santo.
Particolarmente sentita è la processione della Via Crucis che si snoda per le vie principali del paese e che con le sue 14 tappe ripercorre spiritualmente la via che ha condotto Gesù dal pretorio di Pilato al sepolcro. Episodi riassunti dal Vangelo con commenti e meditazioni di amore riconoscente per il Figlio di Dio.
Il Triduo Pasquale si conclude con «la notte di veglia in onore del Signore» (Es 12,42), giustamente definita «la veglia madre di tutte le veglie» (s. Agostino). In questa notte il Signore «è passato» per salvare e liberare il suo popolo oppresso dalla schiavitù; in questa notte Cristo «è passato» alla vita vincendo la grande nemica dell’uomo, la morte; questa notte è celebrazione-memoriale del nostro «passaggio» in Dio attraverso il battesimo, la confermazione e l’eucaristia. Vegliare è un atteggiamento permanente della Chiesa che, pur consapevole della presenza viva del suo Signore, ne attende la venuta definitiva.
La liturgia non è coreografia, né vuoto ricordo, ma presenza viva, nei segni, dell’evento cardine della salvezza: la morte-risurrezione del Signore.
L’assemblea si è radunata all’ingresso della chiesa conventuale attorno al fuoco che divampava. Il fuoco nuovo e la luce del cero sono simboli di Gesù risorto che vince le tenebre del male.
Successivamente nella chiesa tutta illuminata si è proseguito con la Liturgia della Parola, quella serie di eventi e di promesse riletti come realtà che sempre si attuano nell’ «oggi» della celebrazione; sono dono e mèta da perseguire continuamente.
Nella Liturgia Battesimale poi tutta la Chiesa ha fatto memoria del suo passaggio pasquale rinnovando nelle «promesse battesimali» la propria fedeltà al dono ricevuto e agli impegni assunti.
Infine la Liturgia Eucaristica con la quale, partecipando al corpo e al sangue del Signore, la Chiesa offre se stessa in sacrificio spirituale per essere sempre più inserita nella Pasqua di Cristo rimanendo per sempre con i suoi nei segni del suo donami perché essi imparino a passare ogni giorno da morte a vita nella carità.
Il lunedì dopo la Domenica di Risurrezione è detto tradizionalmente “Lunedì dell’Angelo”, prendendo spunto dai racconti evangelici della risurrezione di Gesù, nei quali compare la figura di un messaggero del Signore che mostra la tomba vuota e incarica le donne di portare l’annuncio ai discepoli.
Anche noi siamo messaggeri della sua risurrezione, della sua vittoria sul male e sulla morte, portatori del suo amore divino.
In alto, alcuni momenti dei riti della settimana santa