L’avaro che i suoi tesori nascondi…

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dai componimenti scolastici di fr. Pio da Pietrelcina

Svolgimento

Nel tema precedente abbiamo dimostrato la turpitudine dell’ozio pei effetti funesti che produce nell’uomo. Ora passeremo a parlare di un altro vizio non molto dissomigliante dal precedente quale è quello dell’avarizia in iscontro di colui che i talenti di Dio elargiti non coltiva e non usa a vantaggio proprio ed altrui.

L’uomo che è avaro nello stesso tempo è anche diffidente. Difatti guardate un ricco signore avaro: se esso ha dei servi e manda uno di essi a far la spesa ecco che manda ancora un altro a spiare quant’ha pagato la roba. Porta da sè il denaro, e ogni mezzo miglio, si mette lì a sedere, e lo ripassa per vedere quant’è.
Se poi è in letto dimanda ai suoi se hanno chiusa la cassa, se è stata messa la stanga all’uscio d’ingresso; e quantunque gli rispondano di sì, niente di meno salta giù, e scalzo accende il lume, e va attorno a sbilurciare tutte quelle cose, ed anche allora dura fatica a prender sonno.
Se va dai debitori per gl’interessi si fa accompagnare da testimoni, acciò non glieli abbiano a negare.
Un giorno sì e l’altro no, va a vedere i termini di confini se sono sempre a loro posto.
Quando alcuno va a chiedergli utensili nega reciso, e se è un amico o parente, li segna, li conta, e quasi vorrebbe la garanzia per imprestarli. Se qualcuno ha preso roba da lui e dice: «Quant’è? Registralo, che non ho il comodo di mandarteli» risponde: «Non ti confondere, se tu non hai comodo, t’accompagnerò io a casa».
Insomma l’avaro per la sua grande avarizia e diffidenza che ha del prossimo e pel gravissimo danno che apporta all’umana famiglia è da tutti abominato e disprezzato.
Così parimenti è da riputarsi non meno pernicioso colui che i talenti da Dio largiti non coltiva e non usa a vantaggio proprio ed altrui.
Fra Pio

…… Commento…..

La figura dell’avaro è sempre stata argomento di grande interesse di scrittori e poeti, diventando persino oggetto di scherno e di satira. Con il cristianesimo l’avarizia entra a far parte dei sette peccati capitali e quindi condannata alla pena eterna: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli”.
Ovviamente non sono solo i ricchi ad essere considerati avari, così come l’avarizia non riguarda solo il denaro ma tutto ciò che pensiamo ci appartenga – l’intelligenza, l’acume, la vigoria del fisico, ecc. – e che gestiamo con uno spirito di proprietà. Così l’avaro dimostra di non amare il suo Creatore, ma i suoi doni. Invece, il vero cristiano è sempre ricco, anche quando manca d’ogni cosa, perché chi ha Dio, ha Tutto. Quest’Amore Divino, che è il vero cibo dell’anima, è paragonato da Gesù alla perla preziosa, al tesoro unico, per il quale bisogna vendere tutto. È un tesoro, inoltre, fatto per essere speso, investito, condiviso con gli altri, come ci insegna quel grande amministratore dei talenti di Gesù che è San Pio. Quando doniamo è certo che non diamo nulla di nostro, ma unicamente restituiamo; dobbiamo sapere altresì che in questo moto di restituzione non si verificherà mai per noi un depauperamento, in quanto è ineluttabile che riavremo in cambio una nuova elargizione centuplicata, quale eterna manifestazione di misericordia del Padre (Mt 19, 27-30). Il saper donare non è la conseguenza di uno stato di agiatezza o di ricchezza, ma di uno stato di perfezione; serve a portare gioia e sorriso dove gioia e sorriso sono ignoti.
L’avarizia è dunque a ragione annoverata tra i vizi capitali proprio perché, come gli altri sei, è origine di vari malanni dello spirito. Essa genera insensibilità di cuore, inquietudine nel possesso, ingratitudine, pigrizia, frode e altri soprusi.
Oggi più che l’avarizia, è la ricerca del profitto o del prestigio, che ci porta a essere egoisti non attenti ai bisogni e alle necessità del prossimo. Come dice Proust: “Il denaro è lo zero che moltiplica un valore”, non vale niente. Possediamo realmente solo ciò che abbiamo donato.
L’avaro come il prodigo è alla ricerca dell’affermazione di sè. Ha un esasperato individualismo senza considerare che la nostra piena realizzazione avviene nella misura in cui ci mettiamo in rapporto con gli altri e con i veri valori della vita. “Così parimenti – scrive Padre Pio in questo tema svolto da studente cappuccino ¬- è da riputarsi non meno pernicioso colui che i talenti da Dio largiti non coltiva e non usa a vantaggio proprio ed altrui”. Questo accade, per esempio, a chi avendo ricevuto il Battesimo, la Comunione, la Cresima seppellisce poi tali doni sotto una coltre di pregiudizi, sotto una falsa immagine di Dio che paralizza la fede e le opere, così da tradire le attese del Signore. Ricordiamoci che siamo responsabili dei doni ricevuti partecipandoli, condividendoli e facendoli fruttificare.

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